Come scegliere il filo da carp fishing
Come scegliere il filo da carp fishing

Hai comprato i mulinelli nuovi e devi imbobinarli con un ottimo monofilo da carp fishing? O forse desideri la treccia? Se non sai cosa scegliere, leggi questa guida, ti spieghiamo come fare!

 

La scelta del filo da imbobinare sui mulinelli da carp fishing dipende dal tipo di ambiente e dal tipo di pescate che abbiamo intenzione di fare. 

 

Per rendere più semplice la panoramica, tratteremo i tipi di filo uno per uno, indicando gli impieghi e le situazioni in cui possono dare il meglio di sé. 

 

E daremo qualche suggerimento sui pro e sui contro del loro impiego.

 

Fondamentalmente, per quanto riguarda il carp fishing, esistono tre tipologie di filo da imbobinare sui mulinelli: nylon, fluorocarbon, trecciato. Vediamoli uno per uno.

 

NYLON

 

Senza dubbio il filo “da bobina” più diffuso perché ci permette di coprire moltissime situazioni. 

 

Naturalmente, in commercio esistono moltissimi tipi di nylon, ognuno con caratteristiche precipue. 

 

Per esempio, ci sono nylon molto morbidi fatti apposta per il lancio, mentre altri sono più rigidi e resistenti, per resistere all’abrasione e alle forti trazioni. 

 

Per spiegarla in parole semplici, sotto il nome di “nylon” finiscono tanti fili diversi e, per esempio, a parità di diametro (0,35 millimetri), le differenze possono essere molte

 

Se vogliamo considerare, però, le caratteristiche comuni a tutti i nylon, possiamo dire che questo è il classico filo che va bene sempre. 

 

Allround, per iniziare e anche per i più esperti, che ovviamente sceglieranno il loro nylon in base alle esigenze (lancio, resistenza, mimetismo). 

 

La domanda che dobbiamo porci è: dove pescherò? Se la risposta è “un po’ dappertutto”, allora il nylon è quello che fa per noi perché ci garantisce resistenza e durata nel tempo, oltre che a buone prestazione dal punto di vista del lancio. 

 

I difetti, rispetto a un trecciato, hanno a che fare con la sua elasticità e il suo carico di rottura. Il nylon è molto elastico (alcuni tipi si allungano quasi il doppio della loro lunghezza “a riposo”) e la tenuta lineare del peso, a parità di diametro con la treccia, è molto più bassa. 

 

Ecco perché se dobbiamo pescare a lunga distanza con la barca è meglio usare la treccia: essendo inelastica, trasmette subito le abboccate anche a oltre 300 metri da riva, ed è più reattiva del nylon nel combattimento. 

 

Prima di passare al prossimo materiale, parliamo di fiume. Chi pesca nei corsi d’acqua, in corrente, ha nel nylon la sua scelta obbligata, perché è liscio: la treccia, essendo ruvida, raccoglie i detriti, in particolare alghe e rifiuti in sospensione. 

 

Saremmo costretti a recuperare le lenze ogni tre per due per liberarle dai detriti.

 

TRECCIA

 

Un utilizzo lo abbiamo anticipato: la treccia è necessaria se vogliamo pescare a lunghissime distanze

 

Per tre ragioni:

- Resistenza: in media uno 0,35 di treccia tiene anche 50 libbre, ovvero 22 chili, mentre un buon nylon al massimo arriva a 13. Questo si traduce in estrema potenza nel combattimento e reattività al momento della ferrata;

 

- Inelasticità: la treccia non si allunga, quindi ci fa “sentire” tutte le reazioni del pesce, dal momento dell’abboccata alla guadinatura. Quando peschiamo a grandi distanze, anche a 500 metri dalla postazione, sentire il minimo movimento della lenza è fondamentale per reagire in fretta e iniziare il recupero. L’inelasticità (abbinata alla resistenza) è fondamentale anche per la pesca vicino agli ostacoli: se il pesce cercherà di infilarsi all’interno, grazie alla treccia potremo bloccarlo subito, cosa che non potremmo fare con un più elastico nylon;

 

- Diametro: grazie al grande carico di rottura della treccia, possiamo usare fili di diametro più sottile rispetto al nylon. Facendo un esempio pratico, uno 0,23 di nylon non va assolutamente bene per calare le lenze a grandi distanze, mentre uno 0,23 di treccia ha tenuta più che sufficiente. Questo si traduce nella possibilità di riempire maggiormente i mulinelli, ovvero potremo caricare più filo mantenendo la stessa bobina. Questo è un corollario fondamentale per chi ha bisogno di cercare le carpe a grande distanze da riva utilizzando la barca.

 

Lunga distanza, ostacoli e… lancio. Inseriamo qui un terzo elemento che potrebbe convincerci a imbobinare la treccia. 

 

Per raggiungere lunghe distanze lanciando con i piedi sulla riva possiamo fare diverse cose, come migliorare la tecnica, acquistare canne ad hoc e mulinelli dalla bobina grande. 

 

Ma la cosa più semplice è ridurre il diametro del filo in bobina. La grande tenuta della treccia ci permette di utilizzare diametri ridottissimi e di raggiungere quindi maggiori distanze. 

 

Alcuni garisti arrivano a montare trecce da 0,15 millimetri per raggiungere i 150 metri: sono esagerazioni dovute a situazioni specifiche, certo, ma rappresentano bene una delle peculiarità dei fili trecciati. 

A questo punto, però, dobbiamo parlare dei difetti, perché finora abbiamo dipinto la treccia come “il” filo da bobina per eccellenza. 

 

Eccoli:

- Scarsa resistenza all’abrasione: rispetto a un nylon, la tenuta della treccia agli sfregamenti è quasi nulla. Un trecciato teso sotto le testate del pesce, urtando una roccia o un guscio di cozza, salta in un istante. Ecco perché dobbiamo stare attenti all’ambiente in cui peschiamo: se ci sono rocce taglienti, banchi di conchiglie, o strutture in metallo, la treccia è da dimenticare. Rischiamo di perdere ogni pesce allamato;

 

- Costo: il trecciato costa, e anche nella fascia entry level i prezzi sono alti. Certo, una volta imbobinato e ben curato può durare in bobina anche 10 anni, ma rispetto al nylon il prezzo è veramente alto;

 

- Galleggiabilità: oggi sul mercato ci sono trecce da bobina affondanti, ma costano ancora di più di quelle classiche. Sono state create per eliminare il difetto principale di praticamente tutte le trecce sul mercato, ovvero il fatto che galleggiano. Nel long range, ovvero la pesca a grande distanza con la barca, questo difetto è molto fastidioso perché si traduce in lenze strappate dai motori di altre barche, in detriti galleggianti impigliati che provocano “pance” tremende e in continui bip degli avvisatori a causa della minima brezza che sposta la lenza a galla. Possiamo risolvere il problema applicando i tendifilo, ma l’operazione, più è ampia la distanza, più è macchinosa. Se decidiamo di imbobinare la treccia teniamo ben presente la sua grande qualità galleggiante: anche nella pesca a lancio potrebbe tradursi in fastidiose vibrazioni a mezz’acqua nei pressi del terminale.

 

Riassumiamo: la treccia va bene per pescare a lunghe distanze, per tirare fuori le carpe in zone ricche di ostacoli (non taglienti però!) e per lanciare oltre l’orizzonte sfruttando la grande tenuta a fronte di diametri ridotti. 

 

Con un consiglio finale: bagniamo sempre la bobina e la treccia prima di produrci in lanci potenti: il rischio di parrucche, quando abbiamo a che fare con un filo così costoso, non possiamo permettercelo.

 

FLUOROCARBON

 

È la “moda” del momento. Assomiglia a un nylon ma non lo è affatto. Gli differisce per queste qualità:

 

- Invisibilità in acqua: se piazzato tra l’occhio del pesce e il sole, il fluorocarbon è invisibile. Il grado di rifrazione particolare lo rende un filo “fantasma”, che il pesce con gli occhi non può vedere;

 

- Peso: il fluorocarbon ha un peso specifico maggiore del nylon, e questo si traduce in un’affondabilità assoluta. Chi pesca in cava sfrutta questa qualità per pescare correttamente con la cosiddetta “slack line”, ovvero la lenza molle, completamente in bando, in modo da non spaventare il pesce con le vibrazioni del filo a mezz’acqua;

 

- Scarsa elasticità: rispetto a un nylon, il fluorocarbon è molto meno elastico, e questo si traduce in maggiore controllo delle prede, oltre che in maggiori emozioni durante il combattimento, perché la potenza del pesce si scaricherà maggiormente sulla canna;

 

- Rigidità: questa qualità si traduce in maggiore precisione nel lancio perché il filo “sbacchetta” meno durante il volo.

 

Come la treccia, anche il fluorocarbon ha i suoi difetti. Il primo ha a che fare con la tenuta in relazione allo strappo, che è bassa. 

 

Se dobbiamo pescare vicino agli ostacoli e siamo costretti a ferrare repentinamente e con potenza, meglio usare il nylon, perché il fluorocarbon sullo strappo è debole

 

In più, è un materiale delicato: la luce del sole e le intemperie deteriorano molto più velocemente il fluorocarbon del nylon. 

 

Terzo difetto sono le qualità nel lancio: se la rigidità ci aiuta quanto a precisione, in realtà influisce negativamente sulle distanze massime, perché il filo verrà imbobinato in modo molto meno armonico.

 

Quindi, quando imbobinare il fluorocarbon? L’ideale è appunto la pesca in cava, a distanze medio-corte e alla ricerca di pesci molto furbi. 

 

SportIT.com

Riproduzione Riservata

Paolo

 

Nella culla avevo una sciarpa di Hateley, attaccante del Milan, e una canna da pesca Cendret, regali rispettivamente di mio padre e di mio nonno.

 

La pesca è la mia vita dal momento che, conseguita la laurea specialistica nel 2007, ho iniziato subito la gavetta nel mondo editoriale presso varie testate come Carp Fishing Magazine, Le Vie della Pesca, Pescare, Pescare Carp Fishing, Il Pescatore d’acqua dolce e Carp Fishing Mania, Carp Fishing Top.

 

Ho iniziato a pescare le carpe nel 1999 all’Idroscalo di Milano e subito nella difficile “palestra” che era il Lago di Pusiano, dopo aver praticato un po’ tutte le tecniche, e più in particolare lo spinning al bass (che faccio tutt’ora).

 

Vivo il carp fishing come una passione e non un’ossessione: dopo anni passati a pescare in grandi laghi oltre 80 notti l’anno, oggi adoro le pescate rapide in posti piccoli e inaccessibili.

 

Adoro il carp fishing perché è la mia “medicina senza effetti collaterali”: mi permette di respirare la pesca come una sfida positiva con me stesso stando a contatto con la natura.

 

Oltre a rod pod, boilie e rig. l’altra mia passione è il basket. Ho fatto tutta la trafila delle giovanili a Paderno Dugnano e oggi gioco (e alleno) in una squadra a livello Csi/UISP.

 

Sono tifoso dei Chicago Bulls, penso che Derrick Rose senza infortuni sarebbe potuto diventare il più grande giocatore di basket della storia, impazzisco per il gioco di Goran Dragic e in Italia ho una forte simpatia per l’Olimpia Milano e, in passato, per la Virtus Bologna.

 

Da piccolo dormivo con la foto di Danilovic sul comodino. Il calcio giocato l’ho solamente sfiorato, con somma tristezza di mio padre, ex giocatore Pro Sesto: il cuore rossonero, però, quello batte ancora forte…

 

Nella culla avevo una sciarpa di Hateley, attaccante del Milan, e una canna da pesca Cendret, regali rispettivamente di mio padre e di mio nonno.

 

La pesca è la mia vita dal momento che, conseguita la laurea specialistica nel 2007, ho iniziato subito la gavetta nel mondo editoriale presso varie testate come Carp Fishing Magazine, Le Vie della Pesca, Pescare, Pescare Carp Fishing, Il Pescatore d’acqua dolce e Carp Fishing Mania, Carp Fishing Top.

 

Ho iniziato a pescare le carpe nel 1999 all’Idroscalo di Milano e subito nella difficile “palestra” che era il Lago di Pusiano, dopo aver praticato un po’ tutte le tecniche, e più in particolare lo spinning al bass (che faccio tutt’ora).

 

Vivo il carp fishing come una passione e non un’ossessione: dopo anni passati a pescare in grandi laghi oltre 80 notti l’anno, oggi adoro le pescate rapide in posti piccoli e inaccessibili.

 

Adoro il carp fishing perché è la mia “medicina senza effetti collaterali”: mi permette di respirare la pesca come una sfida positiva con me stesso stando a contatto con la natura.

 

Oltre a rod pod, boilie e rig. l’altra mia passione è il basket. Ho fatto tutta la trafila delle giovanili a Paderno Dugnano e oggi gioco (e alleno) in una squadra a livello Csi/UISP.

 

Sono tifoso dei Chicago Bulls, penso che Derrick Rose senza infortuni sarebbe potuto diventare il più grande giocatore di basket della storia, impazzisco per il gioco di Goran Dragic e in Italia ho una forte simpatia per l’Olimpia Milano e, in passato, per la Virtus Bologna.

 

Da piccolo dormivo con la foto di Danilovic sul comodino. Il calcio giocato l’ho solamente sfiorato, con somma tristezza di mio padre, ex giocatore Pro Sesto: il cuore rossonero, però, quello batte ancora forte…

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